giovedì 29 settembre 2011

IL BUON SENSO E LE LEGGI


Guidare la macchina dopo un po’ di tempo che non si guida fa sempre uno strano effetto. Se poi succede, come questa volta, di guidare a Berlino subito dopo averlo fatto in quelle zone d’Italia dove il codice della strada è piuttosto elastico(vedi Napoli o Palermo)e re-interpretato secondo gli usi locali, beh, allora “l’effetto” si amplifica notevolmente.
Si passa dal dover passare col rosso ad alcuni semafori, pedonali o mal sincronizzati, spinti dal flusso del traffico, al dover seguire fedelmente la linea tratteggiata sull’asfalto che si muove secondo l’andamento del marciapiede anche se la strada è a più corsie per senso di marcia e semivuota, per non doversi sentire clacsonare in maniera insistente dagli altri automobilisti che non si aspettano simili e folli comportamenti.
I tedeschi,si sa, sono molto rispettosi delle leggi,a volte in maniera così rigida che per noi “latini” è un po’ difficile da capire. Ho notato però che, quando i comportamenti sono lasciati all’auto disciplina, al buon senso(ad es. la fila alla posta) i teutonici diventano improvvisamente più caotici e prepotenti mentre noi, iniziamo a profumare di umanità.
Se attraverso la strada a piedi col semaforo rosso, qui a Berlino ricevo rimproveri e occhiate di dissenso dagli altri pedoni che, impalati, aspettano che l’omino sul semaforo diventi verde (anche se la strada è deserta!). In Italia nessuno ci fa caso:è previsto e accettato.
Il papà di una mia amica tedesca dice che preferisce guidare in Italia perché si sente più tranquillo: sente che il margine d’errore previsto è più ampio, che gli altri automobilisti sono più preparati ad accettare eventuali errori. In Germania guida più teso: sente di aver meno possibilità di sbagliare. E questo lo innervosisce.
E’ come se, a forza di osservare le regole e leggi ai tedeschi si sia un po’ atrofizzato il buon senso!
E anche noi se non stiamo attenti rischiamo di andare in quella direzione:siamo stati il primo Paese europeo a proibire il fumo nei locali pubblici (grande conquista!), mentre il resto d’Europa continua a permetterlo tranquillamente, con qualche limitazione solo per i locali dove si mangia, ma nei bar e nei club dove si beve, guai a non farlo: anzi,visto che si può, si deve!
Di questo ho un po’ paura, che dalle conquiste sociali fatte a suon di divieti e di multe,senza un’adeguata educazione civica, la gente non si sensibilizzi veramente al problema:se domani togliessero la legge Sirchia, quanti fumatori avrebbero il buon senso di non ricominciare a fumare in faccia di chi non fuma ?



lunedì 26 settembre 2011

"SONO GAY E BERLINO E' CON ME !"

No,non sto facendo outing,volevo solo attirare la vostra attenzione sull’argomento.Si,perché mentre
leggo sul web(Yahoo!News)che,in Italia,a un ragazzo è stata sospesa la patente per aver esternato i suoi orientamenti sessuali alla visita militare,
a Berlino trovo manifesti alle fermate dei bus(affissi dal Comune),che riportano scritte quali: “Sono gay e Berlino è con me”. E nelle foto ci sono uomini e donne,medici o artigiani, persone inserite in contesti quotidiani e “normali” della società e non personaggi alla Platinette.
Mentre al cinema scopro che,fra le pubblicità prima del film,per sensibilizzare i giovani ad usare il preservativo,la coppia che prende le dovute precauzioni è composta da due giovanissimi e bellissimi ragazzi -entrambi maschi-, nel frattempo leggo su “IlCorrieredellasera.it”della polemica di Giovanardi  contro le pubblicità che ritraggono coppie gay all’Ikea.
E dopo aver letto su “ilfattoquotidiano.it” che “l’Italia è fanalino di coda dell’Europa nell’impegno civile e penale […],al contrasto dell’omofobia”,sono uscito di casa per andare al matrimonio di Elisa e Nancy(due donne)che hanno deciso di dirsi il fatidico “SI” davanti ad un pubblico ufficiale della città di Berlino,che ha celebrato un matrimonio normale e commovente.
E lo stesso giorno che leggo che il rettore della Bocconi deve prendere posizione sugli episodi omofobi e discriminanti nei confronti di studenti gay all’interno dell’ateneo,la sera esco con la mia ragazza  per una birra con Giuliano e il suo ragazzo. E mi accorgo che noi, come loro, possiamo scambiarci tenerezze e attenzioni senza che questo desti il minimo stupore:i gay a Berlino -uomini e donne- non sono considerati un fenomeno da tollerare. Essere gay è così normale da non dover essere considerato un fenomeno da trattare.
Poi,però,vedo coppie di donne(o di uomini) che passeggiano mano nella mano spingendo un passeggino con dentro loro figlio.Allora si sveglia la mia morale,che inizia a giudicare,che pensa alle difficoltà o ai traumi che un figlio può avere crescendo in una famiglia gay e inizio a dire che, forse,così è troppo.
Ma poi penso alla questione del divorzio nell’Italia di 40 anni fa,quando solo l’idea di una coppia separata era impensabile(ed illegale!)e che le conseguenze per i figli sarebbero state insuperabili. Legalizzato e socialmente accettato, il divorzio è diventato una possibilità nell’evoluzione di un rapporto che,se affrontato con buon senso e amore per i figli,non traumatizza la vita di nessuno.
Io non sono gay e non mi piace la papaya,sono etero e vado matto per le albicocche,ma in questo non c’è -e non ci può essere- niente di giusto o di sbagliato,di normale o di anormale. Sono solo i miei gusti. Nient’altro.

venerdì 23 settembre 2011

ACQUA: NATURALE O GASSATA ?

Sono poche le città italiane dove alla richiesta di un bicchiere d’acqua, nei bar o nei ristoranti, non ci si senta rispondere: “Naturale o gassata ?”. A me è successo solo a Roma e a Trieste di non ricevere questa risposta.
E proprio a Trieste, in un momento in cui si fa un gran parlare d’acqua e sulla sua commercializzazione come un qualsiasi altro prodotto, mi ha stranito il fatto che in una pizzeria non abbiano voluto darci l’acqua del rubinetto millantando possibili multe da parte dell’ASL.
E allora, da bravo cittadino, ho telefonato proprio alla ASL di Trieste per sapere se ci fosse una legge o un' ordinanza che vietasse la somministrazione dell’acqua del rubinetto.
Macchè ordinanza, quale legge?! Il vigile sanitario con cui ho parlato, senza troppi giri di parole, ha finito per confermarmi quello che già sapevo, e cioè, che tutte le volte (o quasi) che i gestori di bar e ristoranti dicono di non poter servire acqua del rubinetto, mentono. E spesso lo fanno solo per poter vendere acqua griffata, che può arrivare a costare anche 3€ al litro: la benzina 1,625€!
A Berlino (come nella maggior parte delle città Europee) normalmente,quando si chiede l'acqua s’intende quella del rubinetto e se uno vuole qualcosa di diverso deve specificarlo e pagare piuttosto care le sue voglie: l’acqua in bottiglia, infatti, costa quanto un’altra bevanda, quanto una Coca Cola o una Sprite.

Negli ultimi 10 anni, viaggiando per lavoro da nord a sud nel Bel Paese, ho sempre chiesto acqua del rubinetto, scatenando reazioni, tra i baristi e i camerieri, che sono andate dall’incredulità alle risatine, dallo scherzo fino alle offese: “Va beh, le dò quella della bottiglia e non gliela faccio pagare!", a cui puntualmente rispondo: “No, mi dia quella del rubinetto: gliela pago se serve!”.
In Italia, l’acqua in bottiglia sembra essere la sola cosa possibile da bere, mentre quella del rubinetto è ormai considerata qualcosa che andava bene nel dopo guerra, roba degli anni ’60, di quando non potevamo ancora permetterci di comprare quelle belle confezioni d’acqua in bottiglia (di plastica!) di tutte le forme e formati, delle più svariate e colorate marche, naturali o gassate, “altissime e purissime” e che “possono avere effetti diuretici”!
Una pubblicità della Sanpellegrino degli anni ’60 recitava: “Diuretica e anticatarrale”.
Acqua che sarà anche “microbiologicamente pura”, ma pure morta, visto che da quando viene imbottigliata, confezionata, stoccata, trasportata, venduta e consumata, non passa meno di un mese.

A bere acqua in bottiglia ci si abitua lentamente, fino a che uno non si convince che sia normale, che sia così ovunque, almeno fino a quando non mette il naso fuori dal Paesello e, di colpo, si accorge che, invece, normale non è. Anzi.

Che gli italiani abbiano un rapporto particolare con “la Mamma” è cosa nota a tutti, ma quale strana magia abbia stregato il loro rapporto con l’Acqua -Madre delle Madri- è davvero un caso Freudiano.
A forza di parlar d’acqua, m’è venuta sete: vado a bermene un bel bicchiere. Del rubinetto, naturalmente.


giovedì 22 settembre 2011

A OVEST DELL' OVEST ERA EST !


Mentre per i venti anni della caduta del Muro di Berlino ci sono stati preparativi, pubblicità e festeggiamenti, per la ricorrenza del 50esimo anniversario della sua costruzione non c’è stata la stessa eco mediatica, ma una più silenziosa commemorazione per ricordare quegli anni terribili e le vittime che, nel tentativo di fuggire ad ovest del “muro della vergogna”, hanno trovato la morte.
Leggendo gli articoli riguardanti entrambe le ricorrenze, mi sono accorto di come si dia per scontata un’ informazione che scontata non è: Berlino è stata la città del confine ideologico fra l’Est e l’Ovest in Europa, non di quello geografico.
Se prendiamo una cartina della Germania del ’49 (nascita della DDR), si vede bene che Berlino è per intero nella Germania est e ben distante dal confine con la Germania ovest.
Le due Germanie confinavano almeno 150 km più ad ovest di Berlino, ma per una serie di motivi storici, politici e logistici, nel dividere in due macro mondi l’Europa (Conferenza di Jalta,1945), un piccolo microcosmo di ovest è finito col germogliare proprio in quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la capitale della DDR.
Questo “vizio” di fondo ha progressivamente innescato quella serie di dinamiche che, nel 1961, hanno portato alla costruzione del muro di Berlino, per arginare la fuga di tutti quei cittadini che dall’est migravano ad ovest (ca. 2.500.000 persone fino al ’60).
Il muro, che è stato costruito intorno a quella piccola porzione della città controllata dalle forze alleate (U.S.A., Inghilterra, Francia), ha finito col dare vita ad “un isola di ovest” nel bel mezzo “del mare dell’est europeo” creando così un punto di forte attrito più che un luogo di confine fra il capitalismo e socialismo che, in piena guerra fredda, si sono contrastati e sfidati con ogni mezzo.
E’ strano vedere che, su una linea di confine lunga 7.000 km (La cortina di Ferro), che ha diviso l’Europa geograficamente, politicamente e ideologicamente, dalla Scandinavia alla Turchia, per più di 30 anni, solo all’ombra del muro si siano registrati così tanti tentativi di fuga (ca. 100.000 persone dal ’61 all’89) proprio mentre era uno dei luoghi più sorvegliati di tutto il continente (sbarramenti anticarro, cani da guardia, 300 torri con cecchini armati per controllare appena 43 km di muro).
Da quale lato pesino di più le responsabilità di uno dei periodi più bui del ‘900 non è facile dirlo.
E’ evidente, però, che nell’ ‘89 il Muro è crollato, e che le sue macerie sono finite tutte ad Est.