mercoledì 25 aprile 2012

ALL' OMBRA DEL MURO

Sarà che a passarci davanti tutti i giorni ai resti del Muro uno diventa più sensibile all’argomento, ma tutte le volte che lo sento nominare, il Muro, la cosa mi tocca come mai prima d’ora. Ho letto con dispiacere gli articoli sulla sentenza d’appello del tribunale di Brescia che ha assolto (anche se non con formula piena) gli imputati della strage di Piazza della Loggia. Sulla prima pagina de “Il Fatto quotidiano” del 15 Aprile, G. Barbacetto, riferendosi a tutto il periodo stragista italiano, parla proprio di “stragi che di quel Muro sono figlie”. Ed è proprio per questa mia nuova (iper)sensibilità al tema che mi sono ricordato di un’ altra volta in cui qualcuno associava le stragi del “periodo della tensione” al muro di Berlino: era uno dei Servizi Segreti italiani, a suo dire “un servitore dello Stato che, per ragioni di servizio, si misura col male”. Commentando le immagini in TV, del ritrovamento del corpo di Moro, diceva ad un suo collaboratore che “c’è un muro in Europa che separa due civiltà: la nostra, quella della libertà, da quella del comunismo. Finché a Berlino esisterà quel muro, a Roma tutto deve rimanere com’è. Questa è la regola. Il presidente Moro stava cercando di cambiarla. Ci sono momenti in cui allo Stato il caos serve. Certo, va diretto, organizzato, incanalato ed è un lavoro che a volte fa orrore. Ma la società non ha bisogno soltanto di ingegneri, medici o artisti. Ha bisogno anche di carcerieri. Dei boia”. Due anni dopo, gli stessi “servitori dello Stato” si serviranno dell’ aiuto della Banda della Magliana, sospettata di aver partecipato, più o meno direttamente, alla strage di Bologna. Ed è proprio quando si accorge che “il muro di Berlino presenta crepe sempre più evidenti, e molto presto verrà giù, trascinando sotto le sue macerie la classe politica di 50 anni” che il misterioso personaggio rassegna le dimissioni: “Nel tempo che verrà non ci sarà bisogno di gente come me, perché non ci sarà più nessuna democrazia da salvare, ma solo interessi privati, lotte per più potere e più denaro. Gli uomini che si salveranno dal diluvio sono persone spesso ignobili, anime nere, capitani di ventura. Eppure, come già altre volte nella storia, saranno loro a governare il caos”. Sono parole di un personaggio di “Romanzo criminale”, film che si è liberamente ispirato a vicende giudiziarie avvenute in Italia dal ’77 al ’92, oltre che all’ omonimo romanzo.


sabato 14 aprile 2012

WELFARE ALLA TEDESCA


Due settimane fa, una troupe di giornalisti di LA7 è venuta a Berlino per girare un servizio sul Welfare tedesco, andato in onda Giovedì 29 Marzo nella trasmissione “Piazzapulita”, di Corrado Formigli. A loro favore va detto che, per raccontare la Germania, un’ altra troupe è andata a vedere come funzionano le cose a Monaco, perché come vi ho già raccontato più volte, ciò che è vero e possibile a Berlino non sempre vale per il resto del Paese e viceversa.
Dovevo far parte del gruppo di italiani che gli inviati di LA7 hanno intervistato, ma poi ho preferito non partecipare alla “chiacchierata” e stare a sentire quello che gli altri avevano da dire e cosa i giornalisti italiani volessero sapere. Sibilla, Jacopo, Augusto e Celine si sono raccontati per una quarantina di minuti al microfono di Francesca Biagiotti, anche se poi, delle loro parole, sono stati montati soltanto tre minuti all’interno di un servizio dal quale sono emerse: migliore qualità della vita, buone possibilità di lavoro, prezzi di affitto e di vendita delle case molto ragionevoli, ottimi ammortizzatori sociali e tutti i vantaggi economici che hanno le giovani coppie che decidono di fare figli in Germania. Il tutto è stato commentato e confrontato in studio con la situazione italiana alla luce delle riforme attuate del Governo Monti, in vista della modifica dell’ Art. 18 dello statuto dei lavoratori.
Dopo aver guardato la trasmissione, sia per i contenuti, sia per i commenti musicali dei servizi, mi sono ritrovato un mattone sullo stomaco fatto di ansia e rabbia.
Non è mai facile né semplice (né tanto meno io ho le competenze per) confrontare due sistemi economici, due società, due culture, due Paesi così diversi tra loro soprattutto nel momento in cui uno è alla guida dell’economia e delle scelte politiche europee e l’ altro, per dirla col Poeta, è “come quei che con lena affannata, uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l’ acqua perigliosa e guata, […] che non lasciò già mai persona viva.” (Inferno, Canto I, vv 22-25). L’unica cosa che mi sento di dire, per amor del vero e per la gioia di Benedetta, un’ amica che mi accusa “di far sembrare che fuori dall'Italia sia sempre e chiaramente meglio che in Italia”, è che se si parla di Welfare di uno stato non si può non parlare di uno dei capisaldi dello Stato sociale, cioè dell’ assistenza sanitaria, che in Germania è privata e costa cara. Molto cara.


sabato 7 aprile 2012

PEDALARE A DIRITTO


Un articolo di Fabio Ciconte, su IlFattoquotidiano.it dello scorso 26 Marzo, ha finito col confermare i miei sospetti sul fatto che, se in Italia ci sono così tante macchine e l’ abitudine di andarci a prendere il caffè anche al bar dietro casa, non dipende solo da un cattivo costume degli italiani, ma piuttosto da una politica ben precisa che ne crea il bisogno e non offre alternative reali. E a poco servono le legittime proteste e le iniziative Salvaciclisti se non invadono il tessuto sociale, oltre alle strade. “In Italia ogni giorno circolano 36.4 milioni di veicoli (in Cina sono molto di meno) che percorrono una media di 13mila Km all’anno, il 26% in più della media europea. Con questi numeri il nostro Bel Paese detiene il primato mondiale di auto private pro-capite” (Ministero dello Sviluppo Economico).
Ieri mattina sono passato davanti ad un parco, qui a Berlino, che avevo già notato, ma che non avevo ben capito cosa fosse: è una miniatura di un pezzo di città (ca 10 kmq) con strade, semafori, rotonde e, naturalmente, piste ciclabili. E’ uno spazio del quartiere (Kreuzberg), dove le scuole, a turno, mandano le classi delle elementari a fare scuola guida in bicicletta. I bambini imparano a stare sulla strada, a riconoscere le precedenze, ad usare le rotonde in sella alle bici messe a loro disposizione dalla struttura. Ieri, oltre ai bambini, ci ho trovato anche due poliziotti, che correggevano e perfezionavano i loro comportamenti. Alla fine di un ciclo di lezioni teorico/pratiche, dopo un esame, agli studenti viene rilasciato un attestato, una sorta di “patentino del bravo ciclista”. E anche il fatto che i genitori vadano a portare e a riprendere i propri figli a scuola in bici e che spesso facciano usare loro, fin da piccolissimi, biciclette di legno senza pedali, contribuisce non poco alla formazione di una cultura e di un altro tipo viabilità. E’ proprio questo lavoro in parallelo, dall’alto (Piste ciclabili, trasporto integrato) e dal basso (scuola, famiglia) che crea generazioni civicamente educate e che fa della bici il mezzo di locomozione per eccellenza e non uno svago per le passeggiate della domenica. I cittadini così educati, avranno rispetto dei ciclisti anche quando si troveranno alla guida di un’ auto, e difficilmente percepiranno come un fastidioso intralcio al traffico quei poveracci che pedalano e rischiano la vita, fra camion e bus, perché senza soldi per il SUV.