sabato 17 dicembre 2011

SAUNA GALLEGGIANTE

Tengo gli occhi aperti a fatica.
Ho la sensazione di aver corso per dieci chilometri.
Invece sono stato seduto per quasi tre ore: ho inaugurato la stagione invernale (anche se è ancora autunno) con un pomeriggio in sauna, una di quelle in stile finlandese, molto diffuse in tutto il nord Europa: sono delle stanze interamente in legno: pareti, sedute e cuscini, dove la temperatura può arrivare agli 80-100 °C e l’umidità non supera il 20%.
Anche a Berlino ce ne sono molte e per tutti i gusti: quella in cui sono andato oggi si chiama Badeschiff Arena e si trova a Kreuzberg, proprio sulla Sprea: è una tensostruttura in legno e PVC, che viene montata ogni anno a copertura e ampliamento della piscina che, d’estate, galleggia sul fiume. E’ aperta dalle 12:00 a mezza notte e costa 12€ per tre ore (9€ se si arriva prima delle 15:00).
Una particolarità di queste saune è che, qui, sono unisex: si entra, ci si spoglia - completamente nudi! - si fa la sauna, la doccia, si nuota in piscina, nudi, uomini e donne, vecchi e bambini, tutti insieme, appassionatamente. Devo ammettere che all’inizio fa un po’ effetto essere nudi in mezzo agli sconosciuti, ma dopo pochi minuti, in genere, non ci si fa più caso.
Bisogna avere un asciugamano per ovvi motivi igienici: si va lì per sudare e, dato che è tutto di legno, bisogna usare qualcosa per non inzuppare tutto con il proprio sudore. Dopo quindici minuti a 80 °C si gocciola come polli allo spiedo!
L’iter è questo: ci si mette “in forno” per una quindicina di minuti, appunto, alla temperatura che si preferisce (60 o 80 °C); dopo, la tradizione prevede che si facciano due passi all’aria aperta per stemperarsi un po’ (a volte il fiume è completamente ghiacciato e la temperatura può essere abbondantemente sotto lo zero) prima della doccia fredda, ma fredda per davvero!
In alcune saune, volendo, c’è anche un secchio appeso (anche lui di legno), sempre pieno d’acqua ghiacciata, che aspetta solo di essere rovesciata addosso all’ interessato, che deve tirare una cordicella e...il gioco è fatto.
Dopo la doccia, si può nuotare in piscina o rilassarsi su comode sdraio, rigorosamente di legno anch’esse, prima di iniziare nuovamente il giro: sauna, due passi, doccia, piscina/sdraio e così via fino a che se ne ha voglia e forza.
Quando abitavo a Prato, ero un frequentatore abituale delle terme di Petriolo.
Adesso, visto che mi rimangono un po’ fuori mano, ho trovato un degno sostituto urbano.

martedì 6 dicembre 2011

Lacrime e sacrifici


Fanno davvero effetto le lacrime della signora Elsa Fornero.La neo Ministra del Lavoro non ha retto l'emozione in conferenza stampa e quando è arrivata ad illustrare la dolorosa misura (per gli italiani) sulle pensioni che (da 1000€ in su) non saranno più indicizzabili all' inflazione è scoppiata in lacrime.
Ha finito il suo intervento rotto dal pianto il Presidente del Consiglio Mario Monti che, per solidarietà al sacrificio che gli italiani dovranno fare nei prossimi mesi, ha deciso di rinunciare al suo compenso di Premier e che, alla domanda di un giornalista straniero, sulla possibilità di far pagare l’ICI anche alla Chiesa Cattolica, ha risposto che "è una questione che questo Governo non si è ancora posto".
Si, perché i precedenti governi, di “destra” prima (Berlusconi 2005) e di “sinistra” poi (Prodi 2006) invece, se l’erano posto il problema, ed erano corsi in aiuto della Santa Romana Chiesa evitando che su di lei pesasse una sentenza della Cassazione del 2004, che prevedeva l’esenzione dall’ICI solo per quegli immobili all’interno dei quali si svolgevano, effettivamente, attività di culto (Ilfattoquotidiano.it).
E quelle lacrime e questi fatti fanno ancora più effetto se le letti da lontano, da un altro Paese dove ci sono ancora i resti dei manifesti (in parte coperti o strappati) della manifestazione che è stata organizzata a Berlino il 22 Settembre scorso, in occasione della prima visita ufficiale del Papa in Germania: era la prima volta che Joseph Ratzinger metteva piede nella sua nazione nelle vesti di Papa e, mentre alcuni politici disertavano il Reichstag per la visita del Santo Padre, migliaia di persone (famiglie, studenti, organizzazioni gay e non, ecc.) manifestavano contro la posizione della Chiesa riguardo alla contraccezione, all’omosessualità e alla maniera con cui ha gestito gli scandali di pedofilia in cui è stata coinvolta.
Solo dopo aver  partecipato a quella manifestazione mi sono reso conto che si può esercitare il diritto di manifestare, in un corteo autorizzato e civile, contro la Chiesa.
E se neanche adesso la politica italiana riesce a chiedere a tutti, nessun escluso, di dare il proprio contributo, allora sarebbe bello che a farlo fosse la gente: mi piacerebbe partecipare ad una manifestazione di cittadini che sfilano, con i pensionati in prima fila, chiedendo alla Chiesa di fare, anche lei, un sacrificio.
Certo che una vecchietta farebbe non poca fatica a tenere,in una mano il rosario e, nell' altra, uno striscione contro qualcuno in cui ha riposto la fede di una vita.
Chissà che in occasione del Santo Natale, la Chiesa non ci stupisca tutti con un atto spontaneo di caritas cristiana, la stessa che Gesù professava e su cui Benedetto XVI ha scritto un’enciclica dal titolo "Deus caritas est". Chissà, magari...

giovedì 1 dicembre 2011

Supperclub, l'estro è servito

Si chiama Gaetano Vannucchi e fa il cuoco per Supperclub. O forse è più giusto dire: si chiama Gaetano Vannucchi e fa il cuoco in un ristorante a Berlino. Ma è anche un artista e, fra le altre cose, fa il cuoco per Supperclub, un progetto artistico/gastronomico.
E cos’altro poteva fare un cuoco/artista italiano a Berlino? Oltre al suo vero lavoro, che lo impegna per metà della settimana in un ristorante “tradizionale”, il pratese Gaetano Vannucchi sta cercando di dare vita ad un progetto particolare: l’idea è quella di portare a domicilio, nelle case dei berlinesi, la buona cucina italiana. Supperclub, infatti, ha come obiettivo quello di dare la possibilità a chi non può permettersi i prezzi dei ristoranti italiani all’estero o a chi non vuole rinunciare all’intimità di casa propria, di mangiare la cucina tipica italiana, spendendo cifre ragionevoli: con una media di 20€ a persona, Gaetano riesce a “cucire” menù su misura (vegetariani o di pesce o altri secondo necessità) sfornando piatti e ricette che inventa ispirandosi liberamente ai piatti della tradizione toscana.
L’impresa ardua è riuscire a rispettare la tradizione senza reprimere il proprio estro e la fantasia, con l’ ulteriore difficoltà tecnica di dover usare, per la preparazione di queste cene, le cucine casalinghe (pentole, padelle, “fuochi” che molto spesso sono piastre elettriche) invece di quelle industriali. Fissato il menù con il committente, inizia la fase dell’organizzazione e della spesa: si perché, come la maggior parte dei Berlinesi, Gaetano non ha la macchina. Provate voi a fare la spesa per venti persone con la bici o con i mezzi pubblici!
Il problema si risolve noleggiando un’ auto (prenotandola con un po’ di anticipo si arriva a pagarla 3€ l’ora!) e ottimizzando il giro delle compere e della raccolta dei materiali e di portarli a casa dell’interessato/a il giorno precedente la cena. Poi, dalla mattina del giorno dopo, iniziano la preparazione e il servizio per il quale, Gaetano, si avvale dell’aiuto dei padroni di casa.
Il risultato è una cena con i fiocchi, preparata e servita in modo impeccabilmente professionale, nella cornice, intima ed informale, delle mura della propria casa.
Gli italiani sono famosi per la buona cucina e per l’arte dell’arrangiarsi.
Chissà che Gaetano non riesca a trovare la maniera di combinare le due cose. Io gli faccio un grosso in bocca al lupo.

martedì 22 novembre 2011

L'ECCEZIONE CONFERMA LA REGOLA

Affrontare “certi temi” non è mai facile. Farlo in 2400 battute(spazi inclusi)senza correre il rischio di passare per qualunquisti e superficiali è difficilissimo.
Ci provo lo stesso, ma devo chiedere a chi legge di fare uno sforzo e di venirmi incontro, per evitare che quel che cerco di dire venga terribilmente frainteso.
Cominciamo con un assurdo:
mettiamo il caso che un giorno andiate in banca e che, mentre siete in fila, vi capiti di leggere un cartello con su scritto: “ Informiamo la gentile clientela che se cercaste di rapinare questa banca, potremmo chiamare la polizia senza prima avvertirvi”. Cosa vi verrebbe da pensare davanti ad un annuncio simile?
A me è venuto in mente che nelle banche dove questo cartello non c’è si possono fare rapine senza il pericolo che la polizia venga chiamata (senza prima avvertirvi) e che fare le rapine, pur non essendo legale, è un uso praticato da alcuni e tollerato da altri. Ho cominciato con l’assurdità della rapina perché spero che davanti ad un reato come il furto non si possano avere molte opinioni contrastanti.
Veniamo al reale: andando a bere con gli amici, qui a Berlino, una volta in questo bar, una volta in quel locale, mi sono trovato davanti ad un cartello che riportava questa scritta: ”Se fumate le canne in questo locale, potremmo chiamare la polizia senza prima avvertirvi”. E ho iniziato a chiedermi cosa volesse dire. Si perché, fumare nei locali(le sigarette)in molti Paesi d’Europa è ancora legale e anche le canne,seppur illegali, sono largamente tollerate.
La Germania è un Paese che combatte e punisce lo spaccio, ma che  ha depenalizzato l’uso personale di marijuana e haschisch (a secondo delle regioni e delle quantità). A Berlino il possesso per uso personale è tollerato fino a 5 grammi ed esiste un tacito accordo fra i gestori dei locali e i clienti: i primi non controllano, i secondi fumano in maniera discreta, senza essere troppo sfacciati, mimetizzandosi con la gestualità degli altri fumatori e confondendosi nella cappa di fumo che avvolge la maggior parte dei bar di Berlino.
Fanno eccezione due o tre locali, quelli dove il gestore che non condivide questo tipo di consuetudine, deve avvertire la clientela con quei cartelli, e che, dovendo puntualizzare una cosa ovvia, finiscono con l’essere assurdi.
Il detto “l’eccezione conferma la regola” mi ha sempre affascinato, ma adesso sono un po’ confuso, perché davanti a questa situazione, non so più qual è l’eccezione e quale la regola.

martedì 15 novembre 2011

DA AEROPORTO A ORTO

Domenica scorsa sono stato, con un termos di tè caldo, nel bel mezzo di un aeroporto, mentre sopra la testa mi volavano aquiloni, corvi, kitesurf e falchi, e mentre sull’asfalto delle piste d’atterraggio si alternavano skatebord, windsurf, rollerblade, bici e passeggini.
Ero all’aeroporto di Tempelhof , a 2 km dal centro della città, famoso per essere stato usato dalle truppe alleate durante il blocco di Berlino (giugno 1948, maggio 1949)come scalo per rifornire la parte ovest della città che i Sovietici avevano isolato, bloccando strade, ferrovie ed energia elettrica.
Con un ponte aereo durato 462 giorni, Berlino ovest fu rifornita di tutti i generi di prima necessità.
Finita la guerra fredda, Tempelhof ha continuato a funzionare come aeroporto civile fino al 2004, per poi essere definitivamente chiuso al traffico aereo nel 2008.
Oggi è un parco, un luogo dall’atmosfera sospesa, dall’aria surreale: la visione di questa distesa verde e pianeggiante in mezzo alle case, i due lunghi rettilinei d’asfalto delle piste piene di gente che si muovono in lontananza e l’incredibile silenzio interrotto solo dalle risate dei bambini o dai cani che abbaiano ricorrendo i corvi, sembrano il set di un film di Fellini, più che un ex aeroporto.
Già questo per me era sorprendente, era sufficiente per farmi accendere il computer e scrivere di questo posto.
La scorsa settimana, poi, sono rimasto per quattro ore a guardarmi intorno, a fare domande e a cercare informazioni online per potervi raccontare più nel dettaglio di come Tempelhof è diventato anche un orto!
Si perché, un’ associazione ha preso in gestione un pezzo di terra e lo ha messo a disposizione della gente che, gratuitamente, ha potuto avere qualche metro quadro(e cubo) di terra e di acqua e iniziare a coltivare il proprio orticello, l’uno accanto all’altro, dando vita ad un paesaggio lunare mosso da porte e finestre usate per contenere la terra (anche questa messa a disposizione dall’ associazione), pancali per sollevarla dal suolo (è pur sempre un ex aeroporto e il terreno non è proprio così Bio!)da cui sbucano insalate e finocchi, cipolle e cavoli, girasoli e margherite.
I “proprietari” degli orti hanno il diritto di usufruire dei prodotti che coltivano e tutti quelli che vanno a Tempelhof hanno il diritto di sedersi in mezzo agli orti e godersi la bellezza di questo “agglomerato bucolico” che strappa sorrisi e approvazioni a tutti.

martedì 8 novembre 2011

IL RING DI CEMENTO BIANCO

No, non c’è più, l’ hanno rimosso.
Il ring inclinato, di cemento bianco, è stato tolto dal Victoria Park.
La scultura con cui un gruppo di artisti, nel 2010, ha reso omaggio alla memoria di un pugile, non c’è più.
Era un gran pugile, un pugile “particolare”.

Johann Wilhelm Trollmann, detto "Rukeli", aveva due caratteristiche particolari che gli condizionarono la carriera e la vita: "ballava" sul ring con eleganza ed efficacia(come farà Muhammed Ali 30 anni dopo); era di etnia Sinti. Uno zingaro.
Aveva avuto una carriera brillante, viveva una vita di successo: bello, carismatico, osannato dal pubblico, amato dalle donne.
Nel 1933 era arrivato a contendersi il titolo dei mediomassimi contro il tedesco Adolf Witt. E vinse.
Vinse il titolo proprio grazie al pubblico: alla fine dell’incontro, il verdetto dei giudici nazisti fu un "no decision", un pareggio, nonostante la schiacciante superiorità di Rukeli.
La folla insorse e incoronò campione Johann Trollmann. Lo Zingaro. Che pianse per la commozione.
Di lì a poco, quelle lacrime "non degne di un pugile", furono la motivazione con cui la federazione pugili tedeschi  lo costrinse a ricontendersi il titolo. Dopo 5 round lo zingaro cadde al tappeto avvolto da una nuvola bianca: si era tinto i capelli di biondo e cosparso il corpo di farina. Minacciato dai nazisti del ritiro della licenza di pugile, fu costretto ad affrontare l’incontro senza potersi muovere dal centro del ring. Dovendo rinunciare al suo stile "danzante", sicuro di perdere, decise di farlo da "ariano".
Quella sconfitta fu l’inizio della fine della sua carriera. E della sua vita: accettò di farsi sterilizzare per non essere deportato e divorziò per evitare la stessa sorte alla famiglia.
Ciò nonostante, venne mandato al fronte a combattere e al suo ritorno fu arrestato e deportato nel lager di Neuengamme. Ridotto pelle e ossa, accettava di battersi con le guardie del campo in cambio di razioni extra di cibo. Morì ucciso da una pallottola, con indosso i suoi guantoni.
Nel 2010 un gruppo di artisti di Berlino gli ha dedicato un’opera commemorativa: un ring inclinato, di cemento bianco, nel bel mezzo di Kreuzberg.
Dopo aver letto la sua storia, avevo pensato di rendere omaggio ad un campione poco conosciuto e poco raccontato, e con un fiore sono andato al Victoria Park a cercare quel ring.
Ma non c’è più, l´hanno rimosso.

domenica 30 ottobre 2011

“SE UN UOMO HA FAME NON REGALARGLI UN PESCE, MA INSEGNAGLI A PESCARE”


Non volevo scomodare la saggezza cinese che questo antico detto racchiude in sé, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho scoperto l’esistenza del Regenbogenfabrik 
(Fabbrica-arcobaleno).
Avevo i freni della bici completamente finiti, anzi peggio, erano così sbilenchi che mi rallentavano mentre andavo e non frenavano quando serviva (la bici, metafora della vita).
La maggior parte dei “biciclettai” di Kreuzberg e  Neukölln, anche per una piccola riparazione, si prendono la bici in ostaggio per due o tre giorni e quando te la rendono ti presentano un conto che, a volte, vale più della bici stessa.
Allora ho chiesto ad alcuni amici berlinesi e ho scoperto l’esistenza del Regenboghenfabrik appunto: un’officina per biciclette (una delle più antiche di Berlino) che mette a disposizione i propri attrezzi, i pezzi di ricambio e l’aiuto di personale capace e specializzato che ti assiste e, soprattutto, ti insegna a fare le riparazioni di cui la tua bici ha bisogno.
Sono aperti dal Lunedì al Venerdì con orari e modalità particolareggiati: il Mercoledì, ad esempio, è aperto solo alle donne e anche l’assistenza tecnica è tutta al femminile; il Giovedì, invece, è dedicato ai bambini fino a 12 anni.
Funziona così: ci vai e ti registri segnando l’ora di arrivo e il tuo nome su un bigliettino e, quando hai finito, vai alla cassa e paghi 3€ l’ora per l’uso dell’officina e, se ne hai avuto bisogno, i pezzi di ricambio(ruote, copertoni, camere d’aria, manubrio, sellino, ecc.) a prezzi incredibilmente economici!
Erano anni che non riparavo una ruota bucata, o il filo del freno di una bicicletta e devo ammettere che ho riscoperto un certo gusto nel farlo e nel vedere che sono ancora capace. Adesso, sapendo che ho un’intera officina a disposizione per 3€ l’ora, mi viene spontaneo pensare a tutte quelle migliorie, a quelle modifiche che posso fare alla mia bici, senza più il terrore di dovermela far sequestrare per giorni e di dover pagare salatissimi riscatti. E senza neanche avere il piacere di dedicare un po’di tempo alla bici e a me stesso.
Vuoi mettere, oltre al risparmio, la soddisfazione di vedere la tua bici riparata e splendente, mentre, con le mani sporche di grasso, rimetti gli attrezzi al loro posto dentro il Regenbogenfabrik, e pensi, tutto orgoglioso, alla prossima modifica o riparazione?

martedì 25 ottobre 2011

DIMMI CHE ORE SONO E TI DIRO' CHI SEI


Le stranezze e le difficoltà per chi vuole imparare una lingua straniera sono tante e varie.
La cosa che colpisce (e colpisce forte!) del Tedesco è che è duro nei suoni e da imparare, specie se si studia poco come faccio io.
Ma da quel po’ che ho imparato sono rimasto colpito dal rapporto che i tedeschi hanno con il tempo e quanto questo condizioni la lingua e il loro modo di essere. Mi spiego meglio: normalmente, in più di una lingua, per fare una frase si mettono in fila il soggetto, il verbo e i complementi.
Ma non i tedeschi, loro amano la suspance! Il più delle volte il verbo, in Tedesco, viene messo in fondo alla frase, così per mischiare un po’ le carte in tavola.
Quando qualcuno inizia un discorso, infatti, mi devo ricordare di  non scoraggiarmi subito, e anche se non capisco tutto mentre ascolto, so che alla fine della frase arriverà il tanto atteso verbo a far luce sui molti misteri che si sono andati a formare.
Uno dei più amati è il verbo Machen(Fare): i tedeschi fanno, fanno, fanno...un sacco di cose: lavorano, studiano, leggono, vanno in bici, fanno sport, vanno in sauna, in piscina, vanno al cinema -come tutti, direte voi. E invece no!- il tutto, anche se senza frenesia, viene fatto in maniera schematica, programmata, ossessiva.
C’è solo una cosa che i tedeschi non riescono proprio a fare: stare fermi, nel dolce far niente!
Ma è con gli orari che raggiungono la vetta della vette, il sublime: se per caso qualcuno è in ritardo (succede anche a loro) usano dire “Ich bin zu spät” (sono troppo in ritardo), anche se non è ancora troppo tardi.
Pur avendo la frase “Wieviel Uhr ist es ?” (Che ore sono ?) amano usare la versione “Wie spät ist es ?” (Quanto è tardi ?).
E ovviamente, le giuste domande meritano risposte adeguate:
per dire che sono le 5:30, in Tedesco si dice “halb sechs”, cioè che manca mezzora alle 6:00. Si guarda in avanti, all’ora che viene dopo, non a quella in cui si è; un po’come quando noi diciamo che mancano venti alle sei quando sono le 5:40. E, seguendo questa logica, secondo voi, come diranno i tedeschi che sono le 5:20 pur avendo l’espressione “fünf Uhr zwanzig” (le cinque e venti) ?
Si, avete indovinato: sono capaci di dire “zehn vor halb sechs”, cioè che mancano “10 minuti a mezzora alle 6:00”.
Sarà per questo che la Germania è considerato, tra i Paesi europei, quello più “avanti” ?


CARA SCUOLA


Quest’anno ho fatto le mie “vacanze italiane” a Settembre, proprio in coincidenza con il tanto atteso(e temuto)rientro a scuola e tutto ciò che ne consegue: zaini e cartelle, astucci e quaderni, grembiuli e colletti, ma soprattutto libri, libri di testo!
Quando sono entrato in edicola per comprare (l’ineguagliabile) “Il Vernacoliere”, infatti, ho trovato una fila anomala di ragazzini silenziosi, in attesa del loro turno. L’edicolante, che ha letto il panico disegnarsi sulla mia faccia, ha avuto il buon senso di non farmi aspettare mezz’ora, visto che il ragazzino che aveva davanti aveva in mano la lista dei libri per la prima superiore e aveva iniziato ad elencarli per materia, titolo, autore e casa editrice.
Mi è subito venuto in mente lo stato d’animo che avevo io tutte le volte che mi sono trovato nei suoi panni, in quella situazione che ti fa avere piccole fitte e spasmi ad ogni libro che l’edicolante ti mette davanti per il peso specifico del “mattone” di turno che ti dovrai portare a spasso nello zaino, e su cui dovrai studiare per poi essere interrogato.
Il colpo più grosso arriva insieme al conto, quando il genitore (o nonno di turno) ti fa le inevitabili raccomandazioni, a ciò che quel mezzo stipendio non vada sprecato, mentre, con gli occhi lucidi, paga l’edicolante!
Ho fatto un calcolo “alla volé” per avere un’idea di quanti soldi hanno speso i miei genitori per i miei 13 anni di scuola dell’obbligo, prendendo per buono il dato medio del “caro scuola” della Federconsumatori di 468€ annuo a famiglia (solo per i libri): ho dovuto rifare l’operazione più volte, perché non volevo credere alla cifra che leggevo sulla calcolatrice!
Non appena sono tornato a Berlino ho iniziato a cercare sul web cifre e dati per fare un confronto, ma senza risultati. Allora ho iniziato a chiedere ai miei amici tedeschi e ho capito che c’era qualcosa di strano nelle mie domande quando tre persone, consecutivamente, mi hanno risposto: ”Ma perché comprare i libri per la scuola? I libri, in Germania, te li prendi, gratuitamente, in comodato d’uso, dalla biblioteca dell’istituto che frequenti, all’inizio dell’ anno. Certo, qualche libro lo devi comprare, quelli dove devi farci sopra gli esercizi, ad esempio, ma il grosso no, te lo passa la scuola”.
Allora mi sono ricordato che anche in Italia c’erano delle copie omaggio che arrivavano a scuola, ma, ironia della sorte, erano destinate ai prof., agli unici che non sono obbligati per legge ad andare a scuola per 15 anni, ma che vengono pagati per farlo, magari non tantissimo, ma pagati.

GERMANIA RIUNIFICATA E CONTAMINATA

Il 3 Ottobre la Germania festeggia la riunificazione tra l’ Est e l’ Ovest della nazione (1990).
Anche qui, il “ponte” (era lo scorso lunedì) ha fatto muovere le masse che, approfittando dei 24° e di 2 settimane consecutive di sole (che ha latitato per tutta l’estate!) hanno dato vita ad un vero e proprio esodo: gite fuori porta, ai laghi o nei boschi, da amici o parenti, in bici o in auto, purchè si godesse di questo inizio Autunno inaspettatamente estivo.
E anche chi ha deciso di rimanere in città, ha trovato la maniera di godersi il lungo W-E, mettendo barchette, canoe e canotti nel canale o, più semplicemente, organizzando un picnic con “grill” in uno dei tanti parchi di Berlino.
Noi, abbiamo scelto il Goerlitzer Park, proprio nel cuore di Kreuzberg.
Dopo esserci divisi i compiti, ci siamo dati appuntamento per il Lunedì verso le 14:00 nel parco, nel posto dove di solito giochiamo a pallone (si, a pallone, non a calcio!) e abbiamo iniziato ad “apparecchiare” il nostro picnic con coperte, tovaglie, pane, insalate, birre e vino, dolcini (fatti o comprati) e carne e verdura da grigliare: si perchè, qui, nei parchi, è possibile, normale e molto diffusa l’usanza di portarsi il proprio barbecue per e arrostire nel bel mezzo della città a tutte le ore del giorno e della notte !
Questa possibilità, il giorno di festa e, soprattutto, la giornata di sole splendente, hanno trasformato il parco in una “sagra della carbonella”, improvvisata e autogestita.
Il risultato è stato sorprendente, perché fra berlinesi doc, famiglie turche, berlinesi d’adozione e turisti , la quantità di persone che hanno iniziato ad accendere e sventolare carbone ha fatto si che, verso il tramonto, tra gli alberi del parco, scendesse una fittissima nebbia.
Ma non quella fatta di goccioline d’acqua in sospensione nell’aria, bensì quella del fumo delle migliaia di persone che hanno arrostito di tutto, per ore, nel parco.
Questa  usanza, i Berlinesi, l’hanno acquisita dai Turchi (la comunità straniera più numerosa in Germania è quella turca con 2,7 milioni di abitanti) che, come spesso avviene nei processi di integrazione, mentre si imparano usi e costumi del Paese ospitante, gli “indigeni” finiscono col farsi contaminare da alcune usanze degli ospitati.
E anche se negli ultimi mesi, le destre europee, anche quelle più moderate (Merkel compresa) hanno decretato il fallimento del multiculturalismo in Europa, la nebbia che ha avvolto i tanti parchi di Berlino in occasione della riunificazione delle due Germanie, sembrava un chiaro segno di multiculturalismo ben riuscito.

giovedì 29 settembre 2011

IL BUON SENSO E LE LEGGI


Guidare la macchina dopo un po’ di tempo che non si guida fa sempre uno strano effetto. Se poi succede, come questa volta, di guidare a Berlino subito dopo averlo fatto in quelle zone d’Italia dove il codice della strada è piuttosto elastico(vedi Napoli o Palermo)e re-interpretato secondo gli usi locali, beh, allora “l’effetto” si amplifica notevolmente.
Si passa dal dover passare col rosso ad alcuni semafori, pedonali o mal sincronizzati, spinti dal flusso del traffico, al dover seguire fedelmente la linea tratteggiata sull’asfalto che si muove secondo l’andamento del marciapiede anche se la strada è a più corsie per senso di marcia e semivuota, per non doversi sentire clacsonare in maniera insistente dagli altri automobilisti che non si aspettano simili e folli comportamenti.
I tedeschi,si sa, sono molto rispettosi delle leggi,a volte in maniera così rigida che per noi “latini” è un po’ difficile da capire. Ho notato però che, quando i comportamenti sono lasciati all’auto disciplina, al buon senso(ad es. la fila alla posta) i teutonici diventano improvvisamente più caotici e prepotenti mentre noi, iniziamo a profumare di umanità.
Se attraverso la strada a piedi col semaforo rosso, qui a Berlino ricevo rimproveri e occhiate di dissenso dagli altri pedoni che, impalati, aspettano che l’omino sul semaforo diventi verde (anche se la strada è deserta!). In Italia nessuno ci fa caso:è previsto e accettato.
Il papà di una mia amica tedesca dice che preferisce guidare in Italia perché si sente più tranquillo: sente che il margine d’errore previsto è più ampio, che gli altri automobilisti sono più preparati ad accettare eventuali errori. In Germania guida più teso: sente di aver meno possibilità di sbagliare. E questo lo innervosisce.
E’ come se, a forza di osservare le regole e leggi ai tedeschi si sia un po’ atrofizzato il buon senso!
E anche noi se non stiamo attenti rischiamo di andare in quella direzione:siamo stati il primo Paese europeo a proibire il fumo nei locali pubblici (grande conquista!), mentre il resto d’Europa continua a permetterlo tranquillamente, con qualche limitazione solo per i locali dove si mangia, ma nei bar e nei club dove si beve, guai a non farlo: anzi,visto che si può, si deve!
Di questo ho un po’ paura, che dalle conquiste sociali fatte a suon di divieti e di multe,senza un’adeguata educazione civica, la gente non si sensibilizzi veramente al problema:se domani togliessero la legge Sirchia, quanti fumatori avrebbero il buon senso di non ricominciare a fumare in faccia di chi non fuma ?



lunedì 26 settembre 2011

"SONO GAY E BERLINO E' CON ME !"

No,non sto facendo outing,volevo solo attirare la vostra attenzione sull’argomento.Si,perché mentre
leggo sul web(Yahoo!News)che,in Italia,a un ragazzo è stata sospesa la patente per aver esternato i suoi orientamenti sessuali alla visita militare,
a Berlino trovo manifesti alle fermate dei bus(affissi dal Comune),che riportano scritte quali: “Sono gay e Berlino è con me”. E nelle foto ci sono uomini e donne,medici o artigiani, persone inserite in contesti quotidiani e “normali” della società e non personaggi alla Platinette.
Mentre al cinema scopro che,fra le pubblicità prima del film,per sensibilizzare i giovani ad usare il preservativo,la coppia che prende le dovute precauzioni è composta da due giovanissimi e bellissimi ragazzi -entrambi maschi-, nel frattempo leggo su “IlCorrieredellasera.it”della polemica di Giovanardi  contro le pubblicità che ritraggono coppie gay all’Ikea.
E dopo aver letto su “ilfattoquotidiano.it” che “l’Italia è fanalino di coda dell’Europa nell’impegno civile e penale […],al contrasto dell’omofobia”,sono uscito di casa per andare al matrimonio di Elisa e Nancy(due donne)che hanno deciso di dirsi il fatidico “SI” davanti ad un pubblico ufficiale della città di Berlino,che ha celebrato un matrimonio normale e commovente.
E lo stesso giorno che leggo che il rettore della Bocconi deve prendere posizione sugli episodi omofobi e discriminanti nei confronti di studenti gay all’interno dell’ateneo,la sera esco con la mia ragazza  per una birra con Giuliano e il suo ragazzo. E mi accorgo che noi, come loro, possiamo scambiarci tenerezze e attenzioni senza che questo desti il minimo stupore:i gay a Berlino -uomini e donne- non sono considerati un fenomeno da tollerare. Essere gay è così normale da non dover essere considerato un fenomeno da trattare.
Poi,però,vedo coppie di donne(o di uomini) che passeggiano mano nella mano spingendo un passeggino con dentro loro figlio.Allora si sveglia la mia morale,che inizia a giudicare,che pensa alle difficoltà o ai traumi che un figlio può avere crescendo in una famiglia gay e inizio a dire che, forse,così è troppo.
Ma poi penso alla questione del divorzio nell’Italia di 40 anni fa,quando solo l’idea di una coppia separata era impensabile(ed illegale!)e che le conseguenze per i figli sarebbero state insuperabili. Legalizzato e socialmente accettato, il divorzio è diventato una possibilità nell’evoluzione di un rapporto che,se affrontato con buon senso e amore per i figli,non traumatizza la vita di nessuno.
Io non sono gay e non mi piace la papaya,sono etero e vado matto per le albicocche,ma in questo non c’è -e non ci può essere- niente di giusto o di sbagliato,di normale o di anormale. Sono solo i miei gusti. Nient’altro.

venerdì 23 settembre 2011

ACQUA: NATURALE O GASSATA ?

Sono poche le città italiane dove alla richiesta di un bicchiere d’acqua, nei bar o nei ristoranti, non ci si senta rispondere: “Naturale o gassata ?”. A me è successo solo a Roma e a Trieste di non ricevere questa risposta.
E proprio a Trieste, in un momento in cui si fa un gran parlare d’acqua e sulla sua commercializzazione come un qualsiasi altro prodotto, mi ha stranito il fatto che in una pizzeria non abbiano voluto darci l’acqua del rubinetto millantando possibili multe da parte dell’ASL.
E allora, da bravo cittadino, ho telefonato proprio alla ASL di Trieste per sapere se ci fosse una legge o un' ordinanza che vietasse la somministrazione dell’acqua del rubinetto.
Macchè ordinanza, quale legge?! Il vigile sanitario con cui ho parlato, senza troppi giri di parole, ha finito per confermarmi quello che già sapevo, e cioè, che tutte le volte (o quasi) che i gestori di bar e ristoranti dicono di non poter servire acqua del rubinetto, mentono. E spesso lo fanno solo per poter vendere acqua griffata, che può arrivare a costare anche 3€ al litro: la benzina 1,625€!
A Berlino (come nella maggior parte delle città Europee) normalmente,quando si chiede l'acqua s’intende quella del rubinetto e se uno vuole qualcosa di diverso deve specificarlo e pagare piuttosto care le sue voglie: l’acqua in bottiglia, infatti, costa quanto un’altra bevanda, quanto una Coca Cola o una Sprite.

Negli ultimi 10 anni, viaggiando per lavoro da nord a sud nel Bel Paese, ho sempre chiesto acqua del rubinetto, scatenando reazioni, tra i baristi e i camerieri, che sono andate dall’incredulità alle risatine, dallo scherzo fino alle offese: “Va beh, le dò quella della bottiglia e non gliela faccio pagare!", a cui puntualmente rispondo: “No, mi dia quella del rubinetto: gliela pago se serve!”.
In Italia, l’acqua in bottiglia sembra essere la sola cosa possibile da bere, mentre quella del rubinetto è ormai considerata qualcosa che andava bene nel dopo guerra, roba degli anni ’60, di quando non potevamo ancora permetterci di comprare quelle belle confezioni d’acqua in bottiglia (di plastica!) di tutte le forme e formati, delle più svariate e colorate marche, naturali o gassate, “altissime e purissime” e che “possono avere effetti diuretici”!
Una pubblicità della Sanpellegrino degli anni ’60 recitava: “Diuretica e anticatarrale”.
Acqua che sarà anche “microbiologicamente pura”, ma pure morta, visto che da quando viene imbottigliata, confezionata, stoccata, trasportata, venduta e consumata, non passa meno di un mese.

A bere acqua in bottiglia ci si abitua lentamente, fino a che uno non si convince che sia normale, che sia così ovunque, almeno fino a quando non mette il naso fuori dal Paesello e, di colpo, si accorge che, invece, normale non è. Anzi.

Che gli italiani abbiano un rapporto particolare con “la Mamma” è cosa nota a tutti, ma quale strana magia abbia stregato il loro rapporto con l’Acqua -Madre delle Madri- è davvero un caso Freudiano.
A forza di parlar d’acqua, m’è venuta sete: vado a bermene un bel bicchiere. Del rubinetto, naturalmente.


giovedì 22 settembre 2011

A OVEST DELL' OVEST ERA EST !


Mentre per i venti anni della caduta del Muro di Berlino ci sono stati preparativi, pubblicità e festeggiamenti, per la ricorrenza del 50esimo anniversario della sua costruzione non c’è stata la stessa eco mediatica, ma una più silenziosa commemorazione per ricordare quegli anni terribili e le vittime che, nel tentativo di fuggire ad ovest del “muro della vergogna”, hanno trovato la morte.
Leggendo gli articoli riguardanti entrambe le ricorrenze, mi sono accorto di come si dia per scontata un’ informazione che scontata non è: Berlino è stata la città del confine ideologico fra l’Est e l’Ovest in Europa, non di quello geografico.
Se prendiamo una cartina della Germania del ’49 (nascita della DDR), si vede bene che Berlino è per intero nella Germania est e ben distante dal confine con la Germania ovest.
Le due Germanie confinavano almeno 150 km più ad ovest di Berlino, ma per una serie di motivi storici, politici e logistici, nel dividere in due macro mondi l’Europa (Conferenza di Jalta,1945), un piccolo microcosmo di ovest è finito col germogliare proprio in quella che, di lì a poco, sarebbe diventata la capitale della DDR.
Questo “vizio” di fondo ha progressivamente innescato quella serie di dinamiche che, nel 1961, hanno portato alla costruzione del muro di Berlino, per arginare la fuga di tutti quei cittadini che dall’est migravano ad ovest (ca. 2.500.000 persone fino al ’60).
Il muro, che è stato costruito intorno a quella piccola porzione della città controllata dalle forze alleate (U.S.A., Inghilterra, Francia), ha finito col dare vita ad “un isola di ovest” nel bel mezzo “del mare dell’est europeo” creando così un punto di forte attrito più che un luogo di confine fra il capitalismo e socialismo che, in piena guerra fredda, si sono contrastati e sfidati con ogni mezzo.
E’ strano vedere che, su una linea di confine lunga 7.000 km (La cortina di Ferro), che ha diviso l’Europa geograficamente, politicamente e ideologicamente, dalla Scandinavia alla Turchia, per più di 30 anni, solo all’ombra del muro si siano registrati così tanti tentativi di fuga (ca. 100.000 persone dal ’61 all’89) proprio mentre era uno dei luoghi più sorvegliati di tutto il continente (sbarramenti anticarro, cani da guardia, 300 torri con cecchini armati per controllare appena 43 km di muro).
Da quale lato pesino di più le responsabilità di uno dei periodi più bui del ‘900 non è facile dirlo.
E’ evidente, però, che nell’ ‘89 il Muro è crollato, e che le sue macerie sono finite tutte ad Est. 

domenica 1 maggio 2011

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Oh, ma avete sentito di quella ragazza che hanno trovato morta in circostanze misteriose?
L’ hanno trovata morta nel letto, in casa sua, dove viveva sola. Aveva qualche livido sul corpo e una ferita lieve sulla fronte.
I genitori, rispondendo alle domande del giudice istruttore che sta indagando, hanno detto che la loro “piccoletta ha interrotto presto gli studi e si è inserita nel gran “calderone”, guadagnava discretamente, niente ci faceva mancare: quest’anno anche i fanghi.”
Quando il magistrato ha chiesto che genere di lavoro facesse la ragazza, il padre, senza vergognarsene troppo, ha detto: “Pubbliche relazioni. Frequentava, riceveva e veniva ricevuta da personalità del commercio e dell’industria di Milano, grandi alberghi…” sembra che conoscesse assai bene l’inglese.

Fra le persone che la ragazza era solita frequentare, i genitori hanno fatto il nome di un imprenditore molto noto, S.L., uno speculatore edilizio, che pare abbia fatto molti regali alla ragazza. Anche una lettera di raccomandazione per un posto di commessa alla “Standard”.
I carabinieri sono andati a prendere l’imprenditore in una villa con piscina, ad una festa piena di belle donne e persone altolocate.
 
L’ interrogatorio si è svolto all’interno di una caserma, viste le condizioni del palazzo di giustizia che crolla a pezzi a causa di - testuali parole del magistrato - “costruttori truffaldini che fanno affari con la compiacenza di governanti disonesti”.
L’uomo d’affari, davanti al giudice, ha sostenuto che “la corruzione è l’unico modo per sveltire gli iter e incentivare le iniziative. È paradossalmente progresso essa stessa”.

Sotto la pressione delle indagini e sotto consiglio del suo avvocato, S.L. si è rivolto  ad un imprenditore in difficoltà, “ad una persona importante, ma inguaiata”,  alla quale ha promesso aiuto economico in cambio di un finto alibi.

Sembra, inoltre, che tra i frequentatori e collaboratori dei suoi festini, ci sia pure un Pubblic Relation Man titolare di un’agenzia di donne a pagamento, o escort, si insomma, puttane.

L’ingegnere ha ammesso che “in affari, a volte, si conclude di più in una camera da pranzo che in 10 riunioni di lavoro, in gaiezza e in buona compagnia.
In certi casi le belle ragazze assumono un loro peso, specialmente se sono un po’ leggere”.

Il magistrato ha dedotto e riassunto che “ è in uso che durante certi pranzi d’ affari, ragazze apparentemente della buona società, vengano presentate ai personaggi più in vista fino al punto di dare loro l’impressione di aver fatto un’ importante conquista. A questo modo, stimolandone la vanità o il senso di colpa, si rende il personaggio più malleabile nelle trattative.
Perché se è vero che si conclude di più in una camera da pranzo, è ancor vero che si conclude di più in una camera da letto.

Davanti ad un suo assegno a favore della ragazza morta e all’accusa di istigazione alla prostituzione, S.L. ha replicato che “non era un compenso, ma un regalo!” e che “ nessuno le istiga: fanno quello che fanno perché la società è quello che è. Molte ragazze si vendono perché  è una scorciatoia”.

No, non sto parafrasando i fatti degli ultimi mesi - che poi sono molto più gravi, preoccupanti e che non sembrano avviarsi a quella naturale e giusta risoluzione che in molti aspettavamo - .
Ho solo trascritto alcuni passaggi di un film: “In nome del Popolo Italiano” di Dino Risi, 1971.
Buona visione a chi non l’ha ancora visto.


mercoledì 27 aprile 2011

Wi-fi

Coninuo a stupirmi,è più forte di me. Apro il web e trovo notizie che mi colpiscono,non tanto per i dati che riportano,ma per quello che (non) c’è scritto “tra le righe”: “Dal confronto con il resto del mondo,l'Italia si piazza al quattordicesimo posto,con 2000 punti di accesso in meno della Turchia (10° posto) e 1.300 di Taiwan (11° posto). Così pure sono lontanissimi i vertici della graduatoria mondiale dominata dal Regno Unito con quasi 113 mila punti di acceso wi-fi a internet”. (Yahoo! News del 12 Aprile 2011).
Non mi stupisce,infatti, che l’Italia sia al 14° posto nella classifica mondiale per gli accessi ad Internet,ciò che mi stupisce,invece, è che, in quell’ articolo, non si fa riferimento al fatto che l’Italia è stato l’unico Paese in Europa che, negli ultimi 10 anni, ha introdotto limiti, freni e restrizioni ad internet, in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo.
Il 31 Dicembre 2010, alle 10:00 del mattino, Lorenzo, un mio grande amico di Prato, non ha potuto resistere: mi ha mandato una mail con la notizia che la legge Pisanu non era stata prorogata, come era successo, di anno in anno, dal 2005 al 2010. Era l’ora!
Adesso, però, con tutto il ritardo accumulato c’è da darsi da fare, -rispondo io- non basta togliere le restrizioni per adeguarsi al passo del resto d’Europa che nel frattempo è andata avanti. Ora c’è da spingere,da incentivare,da sostenere,da invogliare i proprietari di Bar o altri locali, le pubbliche amministrazioni e altri enti a mettere punti di accesso ad Internet wi-fi senza costi per gli utenti,senza dover registrare documenti e senza spese esose per i “pionieri” di questa infrastruttura.
Non molto tempo fa, sono stato a vedere una mostra in un museo qui a Berlino e, proprio alle spalle del banco dove davano le audio guide, la freccia sul muro indicava:  WC, Internet.
Tra i servizi che un museo dà ai suoi visitatori, a Berlino, i bagni e internet sono messi sullo stesso piano, in tutti i sensi.
Speriamo che, oltre ad aver tolto i freni al progresso di questa tecnologia, il Belpaese si metta a fare una vera politica di adeguamento alla svelta,visto che Internet era il futuro 20 anni fa, ma oggi è un presente indispensabile.
Leggendo “L’era dell’accesso” di Jeremy Rifkin mi hanno colpito due passi: in uno c'è scritto che “Nella sola Manhattan ci sono più linee telefoniche che in tutta l’Africa sub-sahariana”;
nell' altro “Il divario fra chi ha e chi non ha è ampio, ma ancora più ampio sarà quello fra chi è connesso e chi non lo è”.

martedì 12 aprile 2011

Trasparenza

Tutte le volte che vengono a trovarmi amici o che qualcuno mi chiede cosa ci sia di interessante da vedere in una città come Berlino,  rispondo sempre: “Il Berlin free tour”, che altro non è che una delle tante visite guidate di Berlino.
 Questo tour gode di una rara particolarità: è gratuito (o quasi) se in Inglese o in Spagnolo.
Parte tutti i giorni dalla porta di Brandeburgo e prosegue, lungo la linea del Muro, per i principali luoghi di interesse della città: dal Reichstag (sede del Parlamento Tedesco) al Checkpoint Charlye (uno dei più famosi checkpoint durante il periodo del muro), dall’ Isola dei Musei ai vecchi giardini reali.
Il giro (in 3,5h) ripercorre “dalle ore più buie ai momenti più brillanti” la storia della città.
Per il gran finale, (subito prima di chiedere la mancia!) le guide, che nella maggior parte dei casi sono giovani studenti, si riservano il racconto di come si è arrivati alla caduta del Muro: se non ve lo ricordate, vale la pena andare a ricercare!
L’ultima volta che ho (ri)fatto il tour era la scorsa settimana, proprio mentre in Italia, il Parlamento dava un altro chiaro esempio al Paese (e non solo!) di che pasta è fatta la classe politica italiana.
La guida di questa volta, Peter, ha detto delle cose sul Reichstag (oggi Bundestag) che mi hanno colpito: 
la prima è che un misterioso incendio appiccato nell’ edificio, nel 1933, fu il pretesto che dette ai nazisti poteri speciali contro il terrorismo (che di fatto sospendevano gran parte dei diritti civili);
la seconda è che l’edificio, inaugurato nel 1894, frutto di un travagliato concorso architettonico, fu acclamato all’ epoca per la sua cupola di vetro e acciaio e per l’emblematica trasparenza.
Restaurata nel ’92, la cupola del Bundestag è oggi una delle mete turistiche più battute della città e si può visitare anche mentre il Parlamento è nel pieno delle sue funzioni: la trasparenza funziona in tutti e due i sensi e permette ai visitatori di vedere la classe politica al lavoro, e, allo stesso tempo, serve a ricordare ai politici, tutte le volte che alzano la testa, da chi sono stati eletti e nell’interesse di chi stanno lavorando, visto che sulla facciata dell’edificio c'è scritto: “DEM DEUTSCHEN VOLKE” che significa “AL POPOLO TEDESCO”.

martedì 5 aprile 2011

Una società di figli unici

Fino a due anni fa, Prenzlauer Berg, un quartiere della Berlino Est, deteneva il primato delle nascite in tutta la Germania.
Dopo la riunificazione delle due Berlino, i ceti meno ricchi, artisti e studenti, si sono spostati nei quartieri dell’Est della città, dove gli affitti costavano sensibilmente meno. Se a questo si aggiunge che il costo della vita (non solo degli affitti) in quei quartieri, alla fine degli anni ’90, era tra i più bassi della Germania è facile capire perchè, Prenzlauer Berg, sia stato un quartiere ambìto da molte giovani coppie che, in poco tempo, hanno fatto registrare il tasso di natalità più alto della nazione. Oggi, dopo una radicale ristrutturazione e ammodernamento, quel quartiere ha sensibilmente camabiato faccia (e fascia di prezzi) e questo ha dirottato in altri  quartieri, come NeuKoelln (dove vivo) o Wedding, lo stesso fenomeno.

Sono andato a cercare i dati relativi alle nascite in Italia in quel periodo: nel 1995, nel Belpaese, si è registrato il livello di fecondità tra i più bassi al mondo (ISTAT). 

Mi è venuto in mente il mio prof. d’ Italiano che in una lezione di ed. civica ci spiegava che “la più piccola forma di società è la famiglia, e che proprio in famiglia si imparano” -e si imparano!- “molte di quelle regole non scritte che poi regoleranno i nostri rapporti con gli altri e nella società in generale”.
La mia generazione (io ho 37 anni) è una generazione cresciuta con fratelli e sorelle, con cui ha imparato a condividere e a fregarsi di tutto, a parlare male dei propri genitori e a fare a gara per conquistarne più attenzione, a prendersi bene, bene per il culo, a fare a botte per una maglia o per un giocattolo, per poi fare pace e andare a far merenda insieme.

Negli ultimi 10 anni, in Italia, da quando amici e conoscenti hanno iniziato a fare figli, ho notato che le gravidanze sono contagiose e che contagiosa è anche la scelta di fare un solo figlio. 
Così, in pochissimo tempo, mi sono ritrovato circondato da una meravigliosa schiera di “nipotini” tutti figli unici!
Figli che non sembrano più essere la naturale conseguenza di un rapporto e un progetto di coppia, ma piuttosto, l’appagamento di un desiderio di maternità (su “La Stampa.it” ho letto che a Milano e a Torino, una mamma su cinque dichiara di non avere il compagno).

Certo, i tempi del boom economico sono lontani ricordi, la vita ha un altro costo e i prezzi delle case costringono le giovani coppie a comprare appartamenti di 60 Mq -quando va bene- e a pagarli in 30 anni.

E quanti figli puoi fare in 60 Mq a tasso variabile?
E che società sarà una società di figli unici?
Io figlioli non ne ho, ma nel caso in cui decidessi di…uno solo, no.

venerdì 18 marzo 2011

"Finchè uno ha denti in bocca, non sa quel che gli tocca!"

E’ stato un tremendo ascesso, la scorso Agosto qui a Berlino, a farmi capire che i denti fanno parte del corpo e della persona e che, come tali, possono essere curati, come una qualsiasi altra parte del corpo, da un medico specializzatosi proprio nella cura dei denti.
Quando ho avuto bisogno del dentista in Italia, ho dovuto sempre fare i conti con la tasca: mentre dal medico di famiglia potevo andare, farmi visitare, curare e prescrivere farmaci più o meno gratuitamente, non appena mi si svegliava una carie, se non faceva malissimo, prendevo tempo, rimandavo.
La sensazione che avevo era che farmi curare i denti fosse un lusso, un “in più”.
Lo so, ci sono i dentisti convenzionati con le ASL, ma questo è vero solo in teoria, perché quando passi una notte in bianco per l’incessante dolore, battendo la testa in tutti gli spigoli della casa cercando un dolore più forte di quello che hai in bocca, così, per distrarti un attimo, in quel momento, l’ultima cosa di cui hai voglia è di metterti al telefono per sentirti dire che il primo giorno utile per il dentista (convenzionato ASL e quindi economico) è fra un mese e mezzo, alle 17:15.
E allora vai di corsa dal primo dentista che ti fa l’anestesia ancora prima che tu abbia aperto bocca e, nel momento in cui il dolore scompare, sai che accetterai qualunque prezzo per quella celestiale puntura.
Anche a Berlino si prova il solito dolore quando un dente inizia a martellare, e anche qui sei disposto a tutto pur di non soffrire più.
Le differenze fondamentali sono due:
la prima è che in Germania i dentisti li passa la mutua per davvero;
la seconda è che qui l’assistenza sanitaria è privata e carissima: ca. il 15 % dello stipendio ogni mese!
E’ per questo che i lavoratori tedeschi, quando contrattano lo stipendio, mettono sul tavolo delle trattative la “Krankenkasse” (Cassa Malattia) che può essere pagata dal datore di lavoro o, da entrambe le parti, 50 e 50.
Prima d’ora non avevo mai vissuto in un Paese con l’assistenza sanitaria privata, ed essendo abituato all’Italia, non riesco ad accettare l’idea che se uno ha bisogno di un’ambulanza se la deve pagare!
Spero che gli italiani riescano a riconoscere e a difendere ciò che di buono c’è ancora nel nostro sistema, perché se la riforma della Sanità avrà gli stessi obiettivi e risultati della riforma scolastica, allora si salvi chi può!

sabato 12 marzo 2011

Hai voluto la bici? Oh pedala!

E’ cosa nota a molti che, alla fine della seconda guerra mondiale, l’85% di Berlino è stato raso al suolo da pesanti bombardamenti. Così com’ è noto che, nel ricostruire la città e la sua rete viabile (strade, metro, tranvie), non è stata trascurata l’importanza di avere una pista ciclabile.
E forse, pochi sanno che, qui, la bici è considerata il mezzo di trasporto per eccellenza, non solo dalle molte persone che la usano, ma anche dagli automobilisti e dalla pubblica amministrazione che, nel tempo, ha incoraggiato, regolato e integrato questo tipo viabilità con gli altri mezzi di trasporto.
Ieri, infatti, salendo sulla metro con la bici, di fianco ad una mamma col passeggino, ho scoperto che, sia per lei che per me, c’erano dei posti riservati su ogni vagone: se sali con la bici sulla metro (o sul tram), paghi un supplemento, ma hai diritto ad un posto per te e per il mezzo.
Questo modo di integrare la viabilità alternativa alla macchina, mi ha permesso di fare 18 km in metro, altri 5 km in bici in un altro quartiere e tornare a casa: 41 km senza l’automobile e senza rischiare la vita!
Mi sono subito ricordato di quando ho provato (per 3 anni) ad usare la bici a Prato, che vanta ben 53 km di ciclabile su una superficie di 97 kmq: non male come rapporto!
Peccato, però, che abbiano fatto 2 linee dritte che s’ incrociano una volta sola, perché con 53 km di ciclabile si poteva fare meglio e di più, visto che sono stati spesi 7,5 milioni di € e visto che il Comune voleva (cito testualmente il sito del Comune di Prato in merito alla ciclabile) : “[…] favorire oltre agli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro anche quelli legati ad attività di svago, sportive e ricreative all'aria aperta.
[…] Creare un sistema continuo di connessioni urbane ed extraurbane per incoraggiare la mobilità ciclabile come valida alternativa ecologica all'uso dei veicoli a motore”.
A Berlino hanno tessuto una ragnatela di oltre 1000 km di pista ciclabile su una superficie di 890 kmq, ingegnosamente intrecciata e perfettamente integrata con gli altri mezzi pubblici.
E’ una metropoli, d’accordo - e sono Tedeschi, si sa! -, ma fare una lunga e bella (ma poco utile) pista ciclabile su cui passeggiare la domenica, rassegnarsi a dover portare e riprendere i figlioli a scuola con la macchina e accettare lo spreco di soldi pubblici, deve per forza continuare ad essere sinonimo dell’essere Italiani?

giovedì 3 marzo 2011

Raccolta differenziata retribuita

Gli amici australiani di Linnea (5, non 2 o 3!) in visita a Berlino sono ripartiti.
Oltre ad un po’ di disordine sparso, qualche libro e guanti dimenticati, mi sono accorto che, in un angolo della cucina, si erano accumulate due casse di birra: 20 bottiglie a cassa, per un totale di 40 bottiglie da 50 cl. Eh si, abbiamo bevuto un po’ in questi giorni!

Da bravo “tedeschino”, mi sono caricato (in due volte) le casse sulle spalle e le ho portate al supermercato a 200 metri da casa. Appena entrato sono andato alla porta che dà sul magazzino e, senza bisogno di dire una parola, una commessa mi ha tolto le casse di mano, è sparita nel retro ed è riapparsa con un pezzo di carta, timbrato e firmato, con su scritto: 6,20€.
Dopo di che,  fatta la spesa, sono andato alla cassa: dal totale di 37,50€ mi hanno scalato le 6,20€. “Ah però, - mi sono detto - conviene fare la raccolta differenziata in Germania”. Oltre al senso civico e all’ ambiente, ci guadagna anche la tasca. E non poco.
Certo, non riporto tutte le settimane una cassa di birra al supermercato - per fortuna per la schiena e per il fegato -, ma qui, nei supermercati, delle comodissime e tedeschissime macchinette, ti rendono 0,25€ anche per le bottiglie di plastica, sia per quelle da 0,5 l. che per quelle da 1,5 l., per tutte quelle bottiglie con cui in Italia normalmente (a casa dei miei genitori, dato che io bevo rigorosamente acqua del rubinetto!) faccio il tanto odiato concertino postprandiale : CATACRASCH! Accartocciamento della boccia, tappo, e via nel sudicio. Differenziato ovviamente, ma non retribuito.

Ora ho capito perché quello che mi sembrava un gesto incivile è in realtà un atto di solidarietà: ho visto molte persone lasciare in giro, nei parchi, per le strade, alle stazioni della metro e degli autobus le bottiglie di birra o di altre bevande invece di buttarle nei cestini della spazzatura.
Altro che inciviltà! Berlino è piena di persone povere, se non poverissime, che, con molta dignità, girano per la città con zaini, buste e trolley a raccogliere i preziosi vuoti che le persone lasciano da una parte, in segno di partecipazione indiretta alla loro causa.

Questo tacito accordo, ha dato vita a fenomeni pittoreschi: quando arrivano le tanto attese giornate di sole, la gente sembra impazzire, si telefona e si dà appuntamento nei bar all’aperto, nei parchi e dovunque ci sia un po’ di verde, per spogliarsi, sdraiarsi e ricaricare le “batterie solari” . Questo fa sì che, oltre alle persone, ci siano tante bottiglie in giro e i “raccatta bottiglie” si organizzano in gruppi o in famiglie: mentre alcuni girano a domandare i vuoti agli spensierati al sole, uno/a fa la guardia al mucchio di sacchetti e zaini di bottiglie già raccolte. Il risultato, alla fine della giornata, sono delle installazioni itineranti, di bici corredate di carrello, caricate all’inverosimile, con sacchetti appesi a ceste di bottiglie incastrate e legate con calcoli di fisica quantistica ed equilibri degni di Leonardo che se ne vanno tintinnando per le strade, fra la gente che fa largo, sorridendo, alle sculture di bottiglie ambulanti.